Certo, lavorare stanca. Ma a certi livelli può diventare un vero e proprio problema, tanto che, dopo anni di ricerche sul tema, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di introdurre il “burnout” nell’elenco dell’International Classification of Diseases (ICD), evidenziando quali sono gli aspetti che caratterizzano questo disturbo.
In particolare la “sindrome del burnout” (letteralmente “sentirsi bruciati, esauriti”) rappresenta la conseguenza di un processo di stress cronico lavorativo che non viene gestito nella maniera corretta e che conduce il lavoratore a sperimentare sintomi quali: esaurimento emotivo, depersonalizzazione, un atteggiamento spesso improntato al cinismo e un sentimento di ridotta realizzazione personale.
I lavoratori così stressati tendono a sfuggire l’ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso, lavorando con scarso entusiasmo ed interesse, provando frustrazione e insoddisfazione, nonché una ridotta capacità di relazione nei confronti delle persone con le quali devono rapportarsi.
Inizialmente il burnout veniva considerato un problema tipico di chi svolge attività di supporto ad altre persone, come medici o infermieri: più di recente, invece, esso è stato valutato come una condizione che può caratterizzare ogni ambito professionale, comportando conseguenze negative per il lavoratore ed il contesto organizzativo in cui opera.
Ma quali sono le cause?
Vari studi hanno dimostrato che l’origine del burnout non debba essere ricercata tanto nelle caratteristiche individuali dei lavoratori, quanto in quelle dell’ambiente organizzativo nel quale essi operano, per quanto concerne gli elementi del contesto ed del contenuto del lavoro (es. orari, carichi di lavoro, relazioni ecc.). Tali aspetti, infatti, influenzano il modo in cui le persone interagiscono tra di loro ed il modo in cui svolgono la loro mansione.
Ecco perché svolgere attività di prevenzione a livello aziendale, come la valutazione del rischio stress lavoro-correlato ad esempio, può rappresentare un modo efficace per salvaguardare la salute dei propri dipendenti ed il benessere organizzativo nel suo complesso, individuando quegli elementi che potrebbero favorire l’instaurarsi di condizioni di stress e conseguenti azioni di miglioramento per la gestione di tali criticità. Potete avere un’ampia panoramica delle iniziative che si possono attuare consultando il nostro catalogo di servizi.
In tal senso, il riconoscimento dell’OMS diventa un riferimento ufficiale e solido a sostegno di queste attività legate al benessere lavorativo, con importanti ripercussioni anche a livello legale: sì, perché nelle dispute tra azienda e dipendenti sono sempre di più le sentenze a favore dei dipendenti, anteponendo il “diritto alla salute” (cit. Art. 32 della Costituzione) alle logiche di profitto organizzative.
Un cambiamento culturale non di poco conto, dove l’attenzione verso la salute dei lavoratori diventa di primaria importanza! Ecco perché nelle aziende stanno anche sempre prendendo più piede i programmi di welfare aziendale: non solo dispositivi per ottenere sgravi fiscali ma importanti strumenti per facilitare il benessere della persona. Del resto, ormai è diventato chiaro: il benessere del singolo lavoratore diventa benessere (e profitto) per l’intera organizzazione.
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