Come abbiamo già approfondito nell’articolo dedicato al controllo di internet e della mail aziendale, il controllo da parte del datore di lavoro delle mail spedite dal dipendente dal computer aziendale per fini personali può esser previsto solo nel rispetto di alcuni parametri quali: l’informazione preventiva, l’impossibilità di ricorrere a misure meno intrusive e l’esistenza di gravi motivi che spingono l’azienda al controllo.
Questo è quanto stabilito dalla Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo con la sentenza depositata sul caso Barbulescu contro Romania (n° 61496/08) che ha classificato come illeciti i controlli disposti da un datore di lavoro privato sulle mail di un suo dipendente, poi licenziato.
Il concetto di sfera privata
Il caso riguardava un ingegnere il quale aveva utilizzato l’account mail aziendale per scambiare messaggi coi familiari. L’uomo era stato licenziato per utilizzo di beni aziendali a fini personali. Inizialmente i giudici nazionali hanno dato ragione al datore di lavoro, ma a seguito del ricorso a Strasburgo la sentenza è stata ribaltata a favore del dipendente. E’ stato infatti precisato che la nozione di vita privata riguarda tutto ciò che permette all’individuo di sviluppare una propria identità sociale, e che quindi riguarda anche l’attività professionale. Infatti è proprio durante l’attività lavorativa che la maggior parte delle persone ha la possibilità di sviluppare relazioni col mondo esterno. Pertanto anche le email che hanno origine negli uffici rientrano nella sfera di protezione dell’art. 8 ed è quindi necessario raggiungere un giusto equilibrio tra diritto e rispetto della vita privata e interesse del datore di lavoro al buon funzionamento dell’azienda ed al rispetto dei doveri professionali. La Corte specifica che possono essere necessarie alcune limitazioni ma “non è possibile ridurre la vita privata in un luogo di lavoro a zero”.
E’ pertanto necessario rispettare:
- la necessità di condividere col dipendente una informazione chiara sulla possibilità di un controllo, prima di avviare il monitoraggio
- il criterio di adeguatezza degli strumenti utilizzati per monitorare gli utenti, valutandone il grado e l’ampiezza dell’intrusione, tenendo anche conto del tempo e del numero di soggetti che hanno accesso ai contenuti, valutando sempre la possibilità di ricorrere a strumenti meno invasivi
- il criterio di legittimità dei controlli che devono essere supportati da giustificazioni concrete e fondate
Nel caso in questione non era stata mandata comunicazione preventiva, non erano stati specificati i motivi del monitoraggio e non era chiaro se l’accesso ai contenuti fosse stato possibile all’insaputa del dipendente.
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