Non si tratta di una leggenda, ma di una serie di studi che hanno messo in evidenza come i lavoratori danesi sono, in effetti, i più produttivi dei paesi dell’OECD (Organization for Economic Co-operation and Development), superando di gran lunga quelli americani o gli italiani. Viene da chiedersi come mai, considerando gli orari di lavoro più ridotti o il maggior numero di giornate di ferie a cui essi hanno diritto rispetto alla media degli altri paesi.
La spiegazione è semplice e si riassume in una parola diffusa in diversi Paesi del Nord Europa, ovvero “arbejdsglaede”, che significa letteralmente “felicità sul lavoro”: se i lavoratori sono felici e soddisfatti per quanto fanno e per l’ambiente in cui lavorano essi diventano più efficienti, collaborativi e maggiormente coinvolti nel raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Questo aspetto della “felicità sul lavoro” è diventato così significativo per la produttività organizzativa che in Danimarca, in alcune aziende, si è proprio diffusa la figura del “Chief happines officer”, ovvero il “Manager della felicità”, il cui compito è quello di gestire gli ambienti di lavoro affinchè essi possano diventare più soddisfacenti per le persone che vi operano.
Ma qual è il segreto della “felicità al lavoro” e come la si può ottenere nei dipendenti?
A spiegarcelo sono una serie di ricerche che sottolineano 5 aspetti fondamentali alla base di questo risultato:
- la presenza di un adeguato bilanciamento tra il tempo trascorso al lavoro ed il tempo libero: contrariamente a quanto si può pensare, trascorrere un elevato numero di ore al lavoro non rappresenta necessariamente un segnale di aver lavorato bene. Il fatto, invece, di riconoscere che ogni dipendente ha una sfera extra-lavorativa significativa nella sua vita, facilita l’ottenimento di un più alto livello di committment: ecco perché è importante gestire in maniera adeguata le dimensioni dello spazio e del tempo del lavoro;
- un maggior coinvolgimento nelle scelte attraverso la riduzione della “distanza di potere” tra capo e collaboratore: coinvolgere il dipendente nelle scelte e diventare una guida per lui, non utilizzando uno stile di direzione eccessivamente rigido, favorisce il coinvolgimento e la responsabilizzazione del lavoratore sull’attività da svolgere;
- l’utilizzo di benefit di varia natura, sia nel corso dell’attività lavorativa che al termine della stessa, al fine di supportare il lavoratore nel passaggio ad una nuova attività;
- lo sviluppo costante delle competenze attraverso programmi di formazione utili per accrescere la propria efficacia lavorativa sia all’interno di un ruolo che nel passaggio a nuovi ambienti occupazionali;
- il focus continuo sulla soddisfazione del dipendente, in modo da comprendere quali aspetti motivano le persone, facendo sì che l’andare al lavoro non sia solo un modo per guadagnare uno stipendio ma per trarre gratificazione nella propria vita.
Qualcuno potrebbe pensare: “roba da danesi”? Assolutamente no! Il bello è che in realtà sempre più aziende, anche nel nostro paese, stanno prendendo spunto dallo stile di gestione nord europeo, comprendendone i vantaggi in termini di produttività, attraverso l’acquisizione di nuovi modi di intendere e di organizzare il lavoro dei dipendenti, con l’obiettivo di migliorarne il committment, l’autonomia operativa, la cooperazione e la responsabilizzazione sugli obiettivi.
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