di Avv. Luca Dozio – Studio legale Carozzi e Associati
Le società che fanno manutenzione spesso ricevono dai propri dipendenti che si recano presso i clienti per effettuare il lavoro e/o la riparazione messaggi del tipo: quella macchina era senza le protezioni, il posto dove ho lavorato era sotto un carro ponte senza protezione per eventuali cadute dall’alto di materiale, il posto dove ho dovuto operare era per contorsionisti, c’era un rumore tale che non si riusciva nemmeno a parlare, non mi hanno nemmeno accompagnato alla macchina ecc. Tutto ciò è sintomo chiaro che l’attività di manutenzione pur essendo essenziale , continua ad essere poco considerata dalle società clienti e la conseguenza, chiaramente evidenziata dai dati, è che circa il 10-15% di tutti gli infortuni mortali si verificano durante l’esecuzione di operazioni di manutenzione, la maggior parte di questi nelle imprese manifatturiere, edili, e nel settore dell’erogazione di elettricità, gas e acqua. Altro dato significativo è che gli addetti alla manutenzione sono stati le seconde vittime più frequenti di infortuni occorsi nei casi di subappalto.
I pericoli per chi fa manutenzione
I pericoli per chi fa manutenzioni sono tanti e i più diversi e possono essere di tipo fisico (rumore, vibrazioni, schiacciamenti ecc.), chimico, biologico, psico-sociale (pressione dovuta al poco tempo a disposizione, tecnologia complessa, lavoro solitari, problemi di comunicazione, scarsa conoscenza dei luoghi ecc.) , ergonomico (lavori ripetitivi, sollevamento di pesanti parti di macchine, posizioni particolarmente scomodo, posti difficili da raggiungere), il tutto aggravato proprio dal tipo di lavoro effettuato, mai uguale e spesso svolto in ambienti che non sono il proprio luogo di lavoro abituale, ma detta attività si svolge presso terzi ove ci si reca, se va bene, un paio di volte all’anno.
La manutenzione risulta pertanto essere una delle attività che ha maggior impatto sulla sicurezza e sulla salute sia dei lavoratori direttamente impegnati nell’intervento di manutenzione, che del personale addetto alla attività di produzione dell’azienda, risultando del tutto evidente il senso dell’art 26 D. Lgs. 81/08.
Ciò detto, ci sembra altrettanto evidente che chi conosce meglio i rischi dell’attività della manutenzione, più che il datore di lavoro committente, è il datore di lavoro appaltante, che, pertanto, deve farsi parte diligente e agire conseguentemente su due fronti: uno interno e uno esterno.
Fattori esterni da considerare:
- farsi parte diligente e supportare il datore di lavoro committente nel promuove la cooperazione ed il coordinamento fornendo al committente tutta la documentazione necessaria per l’elaborazione corretta e completa del DUVRI
- supportare il datore di lavoro committente nella verifica della propria idoneità tecnico professionale, provvedendo a fornire fin da subito non solo la semplice iscrizione alla Camera di Commercio e del rilascio della “autodichiarazione” in ordine alla corretta applicazione delle regole di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, bensì anche tutta la documentazione tecnica che possa dimostrare la propria competenza tecnica e professionalità, nonché il pieno rispetto dei requisiti di salute e sicurezza sul lavoro.
- Il processo di manutenzione deve avere inizio già quando si progetta una macchina o un impianto. Già dalla fase di realizzazione dovrebbe tenersi conto della necessità sia della manutenzione da farsi in caso di guasto e quindi riparativa sia della manutenzione conservativa, ossia per verificare che tutto sia in ordine al fine di fare prevenzione ed evitare possibili guasti. Ciò deve far sì che si suggerisca fin da subito quali sono eventuali migliorie da apportare soprattutto quando la costruzione è effettuata dalla casa madre
- Suggerire e supportare il futuro e possibile datore di lavoro committente quando acquista la macchina e l’impianto dalla casa madre della società che pertanto farà manutenzione di suggerire fin da subito una valutazione del rischio che tenga conto dell’impiego lavorativo dell’attrezzatura di lavoro e anche della successiva manutenzione
Fattori interni da considerare:
- predisponendo una procedura idonea ed efficace per i propri dipendenti affinchè sappiano quali sono i comportamenti da tenere quando si recano presso i clienti e quali sono le attenzioni da avere
- predisporre una adeguata formazione, informazione e addestramento, che sia verificata e anch’essa mantenuta e “manutenuta” nel tempo
- provvedere a una valutazione completa dei rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro che deve essere eseguita già in fase di pianificazione individuando l’entità del lavoro, le risorse necessarie, i pericoli e le precauzioni da adottare.
Sistemi di gestione e 231
A fronte di tutto ciò sarebbe opportuno che il processo di manutenzione fosse inserito nell’ambito di una visione più ampia ed integrata della gestione della sicurezza, assumono rilevanza i sistemi integrati di modelli di organizzazione e di gestione della qualità di cui alla norma UNI EN ISO 9001 e di gestione per la salute e la sicurezza sul lavoro di cui alla norma UNI ISO 45001 o le Linee Guida UNI-INAIL.
Ricordiamo inoltre l’esistenza del d.lgs. 231/2001, che ha introdotto un nuovo concetto di responsabilità d’impresa derivante dalla commissione di determinati reati per mezzo dei quali sia possibile conseguire un vantaggio per l’azienda tra cui l’art 25 septies per il contrasto alla commissione di reati di lesioni gravi o gravissime o di omicidio colposo nella sicurezza sul lavoro, che ricomprende, pertanto, anche il caso di infortunio o malattia professionale occorsi e/o insorti mentre si effettua manutenzione. A tal proposito i sistemi di gestione di cui sopra, adottati ed efficacemente attuati, hanno efficacia esimente della responsabilità di cui al d.lgs. 231/2001, cosi come previsto dall’articolo 30 del d.lgs. 81/2008.
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