E’ in fase di approvazione il testo relativo alla nuova Direttiva Europea sulla Corporate Sustainability Due Diligence che risponde a una crescente richiesta di regolamentare gli impatti negativi sociali e ambientali all’interno delle catene del valore globali e persegue l’obiettivo di adottare uno strumento legale che prescriva obblighi riguardanti la due diligence in ottica ambientale e sociale .
Soggetti Obbligati
A due anni dalla approvazione della direttiva, saranno obbligati a effettuare una Due Diligence annuale su tematiche ambientali e sociali le seguenti categorie di aziende:
Imprese con sede nell’Unione Europea:
- Imprese con più di 500 dipendenti e un fatturato globale netto di più di 150 milioni di euro;
- Imprese con più di 250 dipendenti a un fatturato globale netto di 40 milioni di euro, a patto che almeno il 50% del fatturato derivi da uno o più settori identificati come ad alto rischio dalla proposta (per esempio il tessile, l’agricoltura, l’alimentare, l’estrazione di minerali, la fabbricazione di prodotti in metallo).
Imprese con sede fuori dall’UE ma che generano più di 150 milioni di euro all’interno dell’Unione o più di 40 mln di cui almeno il 50% nei settori ad alto rischio.
Cosa è previsto che debbano fare
Queste aziende dovranno effettuare una due diligence annuale «sui rischi potenziali ed effettivi a livello di diritti umani e ambiente riguardo alle proprie operazioni, le operazioni delle proprie controllate, e le operazioni all’interno della propria catena del valore svolte da soggetti con cui l’azienda ha una relazione commerciale stabile»
Dovranno quindi:
- Integrare l’attività di due diligence nelle proprie policy aziendali
- Identificare gli impatti avversi effettivi o potenziali su ambiente e diritti umani derivanti dalla propria attività a da soggetti coinvolti nella loro catena del valore
- Adottare un remediation plan e stabilire come monitorarlo
- Se hanno impatti sul cambiamento climatico, devono necessariamente adottare un piano di riduzione delle emissioni
- Comunicare al pubblico l’esito della due diligence e il remediation plane e definire una procedura per la gestione dei reclami
Come questo può interessare le PMI italiane?
Le grandi aziende coinvolte nella direttiva dovranno valutare non solo le attività svolte all’interno del perimetro aziendale, ma anche quelle appaltate all”esterno. Ne consegue che le aziende obbligate dovranno far aderire i loro fornitori e partner al loro codice di condotta e al remediation plan attraverso apposite clausole contrattuali e dovranno chiedere loro di applicare misure simili nelle loro relazioni commerciali (CONTRACTUAL CASCADING).
L’osservanza delle clausole contrattuali dovrà essere confermata attraverso la verifica di soggetti terzi, tramite apposite audit di verifica. Qualora non aderissero, possono imporre una sospensione temporanea della relazione commerciale fino alla sua terminazione.
Questo è l’aspetto che può avere forti ricadute sulle PMI italiani, parti di una filiera che fa capo alle grandi aziende coinvolte dalla direttiva, e che quindi si troveranno a dover rispettare vincolanti misure imposte dall’alto di cui dovranno dare periodicamente riscontro.
Torna quindi a essere fondamentale come strumento di rendicontazione il report di sostenibilità, che se al momento è spesso adottato su base volontaria, diventerà una necessità pretesa dai propri clienti.
L’autorità di vigilanza
Come per la privacy, verranno istituite delle autorità di vigilanza nazionali con il compito di:
- Compiere indagini e richiedere informazioni;
- Ordinare la cessazione di violazioni;
- Imporre misure ad interim per evitare danni irreparabili;
- Imporre azioni rimediali;
- Imporre sanzioni pecuniarie commisurate al fatturato delle imprese
Le indagini potranno essere avviare tu iniziativa propria dell’autorità o a seguito di reclami concreti.
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