Vista la gravità dell’evento, vorremmo fare brevemente qualche riflessione sulla tragedia avvenuta lunedì 6 maggio nelle fognature di Casteldaccia, dove 5 operai sono morti uno dietro l’altro per le esalazioni di idrogeno solforato presenti in concentrazione di 10 volte superiore al limite nei cunicoli. Trattasi di incidente mortale avvenuto in quello che viene chiamato SPAZIO CONFINATO, situazione normata nel dettaglio nel decreto 177/2011, che fornisce indicazioni precise e puntuali su tutti i requisiti di cui le imprese e gli operatori devono essere in possesso per svolgere queste attività, nonchè dei dispositivi di protezione individuale e collettiva che devono essere adottati. E vi assicuro che leggendo il regolamento sembra impossibile che certe dinamiche ancora si verifichino, eppure…..
Inoltre questo è solo l’ultimo di una serie di incidenti gravissimi che sono avvenuti a partire da febbraio 2024: il crollo del cantiere Esselunga e l’esplosione nella centrale Enel di Suviana. Tutte attività che han visto coinvolti appalti e subappalti.
La dinamica è purtroppo quella tipica degli spazi confinati, dove il susseguirsi di morti avviene perchè si cerca di soccorrerre il collega senza gli opportuni Dispositivi di Protezione e, a catena, si subiscono gli stessi effetti mortali che hanno interessato il primo infortunato. Eppure il regolamento è chiaro: per svolgere questo tipo di lavoro serve il rilevatore di ossigeno , il respiratore e i dispositivi per il recupero di emergenza , tutti elementi che non solo avrebbero impedito l’intossicazione, ma avrebbero anche evitato che il collega dovesse calarsi nel medesimo cunicolo e andare incontro alla medesima sorte.
La frase che più mi ha colpito nella sua semplicità è stata quella del Comandante Provinciale dei VVFF di Palermo che ha affermato che “se tutte le precauzioni fossero state prese , tutto questo non sarebbe successo“. E le dovute precauzioni, per una azienda che fa quello di mestiere, sono davvero basiche: utilizzo di DPI respiratori adeguati e ricorso ad attrezzature utili per il recupero. Non si parla di investimenti miliardari, di un risparmio che ti cambia il bilancio di fine anno. Come è possibile che non avessero a disposizione da nessuna parte nemmeno un respiratore?
Un altro aspetto inquietante che sta emergendo , a quanto si può leggere sui giornali, riguarda il fatto che da contratto l’azienda avrebbe dovuto lavorare in superficie, e invece gli operai hanno lavorato tutto il tempo all’interno della fognatura (Sembra che il lavoro fosse iniziato ore prima e solo improvvisamente si fossero sviluppati questi gas). Ma come è possibile? Il committente non ha la minima idea di dove manda l’appaltatore e l’appaltatore non segnala nulla al momento dell’inizio lavori? In una situazione come questa? Ok che il lavoratore può completamente “ignorare” i rischi cui va incontro se nessuno lo addestra adeguatamente, ma è morto anche uno dei contitolari dell’impresa di 71 anni, non si può dire che lui fosse inesperto. Inoltre per fare questo tipo di lavori tutti gli operatori devono essere abilitati con appositi corsi, che per quanto possano sembrare inutili, magari avrebbero fatto venire il dubbio a qualcuno sui rischi che stava andando a correre in uno spazio confinato all’interno di una fognatura.
Da questo aspetto emerge la superficialità con cui troppo , davvero troppo spesso vengono gestiti i lavori in appalto. Nessuno si preoccupa di valutare realmente i rischi connessi all’attività specifica, al luogo di lavoro che non è noto agli operai che vi andranno a lavorare, alle interferenze che le diverse ditte avranno lavorando in contemporanea. E chi svolge i lavori non ha nessuna intenzione di fermarli se qualcosa non va bene, perchè ha subito dopo un altro lavoro da avviare.
Sarà interessante vedere dove porteranno le indagini, ma questa è la dimostrazione di come la sicurezza sul lavoro , in Italia, è solo burocrazia. Se succedono ancora cose del genere chi di dovere dovrebbe mettersi seriamente a ripensare tutto il sistema, a focalizzare i controlli dove realmente hanno senso di essere fatti, a non basare tutto sulla sola presenza di carta, ma a vedere che effettivamente i lavoratori sappiano quello che fanno, e non perchè lo dice un attestato. E la patente a punti dei cantieri che entrerà in vigore a ottobre è solo l’ennesima conferma che nulla cambia. Figuratevi, sarà una autocertificazione!
Perdonate lo sfogo ma dopo oltre 20 anni di attività è triste vedere che tutto è fermo sempre allo stesso punto: produrre tanta carta per evitare le sanzioni, non per salvare le vite umane.
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